Scaglie d’identità (riflessioni sull’innamoramento)


Quando parliamo di innamoramento, possiamo partire dall'idea che questa profonda attrazione per l’altro, altro non sia che attrazione per noi stessi; ricercando l’altro, infatti, ci mettiamo alla ricerca di altre forme di noi, che emergeranno in superficie solo a contatto con la diversità. Nella perpetua ricerca della nostra identità, ci innamoriamo delle forme di noi che pensiamo di intravedere negli altri, che ci attraggono per farsi riconoscere. L’altro è dunque un amo gettato nel profondo di noi stessi, che ci fa innamorare di noi stessi, delle nostre stesse emozioni. 
 Si ama l’amore, perché ci attribuisce una nuova forma, incollando un altro tassello del mosaico alla nostra essenza. In certi momenti addirittura ci identifichiamo nell’altro, ci uniamo all’altro, perché essere altro è un altro modo di essere, un altro aspetto della nostra identità. E quando  all’attrazione segue l’unione, in quel preciso momento l’essere si identifica con l’altro, perché questi gli fa conoscere altri aspetti di sé; e nell’unione assorbe queste forme che già gli appartengono, anche se ancora non lo sa, non ne è consapevole. Queste forme possono essere realmente presenti nell’altro oppure possono essere semplici riflessi che partono da noi. L’altro è dunque uno specchio, la superficie di un lago che nasconde chissà quali profondità.
L’innamoramento è quindi l’essenza della ricerca, della ricerca di noi stessi, della ricerca dell’interno attraverso un riflesso esterno. Per questo ogni volta che ci si innamora si acquisisce energia, perché assorbiamo l’essenza di noi stessi penetrando ancora più in profondità. E ci si può ritrovare altri, diversi da come pensavamo di essere, perché si è risvegliata da un lungo sonno una scaglia di identità che ci apparteneva ma che non era ancora emersa.
                                                                                                    Marilù Mengoni



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